Parquet massicci

Paviment in legno massiccio

I pavimenti in legno massiccio sono fatti di tavole massiccie da un unico pezzo di legno. I pavimenti in legno massiccio sono stati originariamente utilizzati per scopi strutturali, essendo installati perpendicolarmente ai fasci di supporto in legno di un edificio noto come travetti o portatori. Con l’aumento del calcestruzzo come sottofondo in alcune parti del mondo, i pavimenti in legno progettati hanno guadagnato una certa popolarità. Tuttavia, i pavimenti in legno massiccio sono ancora comuni e popolari. I pavimenti in legno massello hanno una superficie di usura più spesso e possono essere sabbiati e rifiniti più volte di un pavimento in legno progettato. Non è raro che le abitazioni  aventi diverse centinaia di anni abbiano il pavimento in legno massiccio ancora oggi in uso.

Struttura

Struttura del legno:
1. Midollo
2. Anelli di crescita
3. Legno
4. Cambio
5. Floema
6. Corteccia esterna.

Tutte le piante legnose (alberi, arbusti, liane e alcune erbe) sono caratterizzati dall’avere “crescita secondaria” ossia la crescita in senso radiale contemporaneamente allo sviluppo, deponendo uno “strato” di nuovo legno tra il vecchio legno e la corteccia. Il tessuto meristimatico che è incaricato di formare il nuovo strato di legno è chiamato cambio.

Nei climi temperati viene formato un nuovo strato di legno ogni anno e in sezione trasversale si osserva una serie di anelli concentrici identificabili perché caratterizzati da una parte chiara e da una parte più scura che ne determina il confine. Nei climi temperati, infatti, la crescita non è continua (come invece avviene nei climi tropicali) ed avviene solo nei periodi vegetativi della pianta. Il periodo vegetativo, nei climi temperati, comincia in primavera e nelle piante legnose si ha la formazione della prima parte dell’anello (solitamente più chiara e meno densa) che viene anche chiamata “legno primaticcio”. Ha la principale funzione di condurre l’acqua dalle radici alla foglia per fornire sufficiente risorse alla chioma che si sta sviluppando. Durante l’estate, invece, si forma un legno più denso, con condotti (vasi per le angiosperme, tracheidi per le conifere) più piccoli e caratterizzato da un tessuto più denso (e dal colore più scuro). Questo tessuto non ha più come funzione principale la conduzione ma il sostegno meccanico del fusto della pianta.

Nei pini del genere Strobus non c’è molto contrasto tra le parti e il legno è molto uniforme e facile da lavorare. Nel genere Pinus il legno tardivo è più scuro ed è evidente il contrasto con il legno primaverile. Nel legno con porosità ad anello, ogni crescita stagionale è ben definita, poiché i grandi pori del tessuto primaverile spiccano rispetto al tessuto autunnale. Nel legno a pori diffusi, la demarcazione è spesso poco chiara e in alcuni casi invisibile ad occhio nudo.

La struttura delle latifoglie è più complessa, poiché includono ampi vasi, in alcuni casi (ontano, castagno, frassino) larghi e separati, in altri (salice, pioppo) molto piccoli e distinguibili con l’aiuto di una lente. Questo tipo di legno è classificato in due categorie: a porosità ad anello e a porosità diffusa.

Nelle specie con porosità ad anello come frassino, castagno, olmo, gelso e ontano, i grandi vasi o pori (come sono detti i vasi visti in sezione) sono situati nella parte di legno formatasi in primavera, costituendo una regione di tessuto più o meno porosa.

La zona estiva contiene pochi vasi e una maggiore porzione di fibre di legno, che al contrario dei vasi danno la durezza e la resistenza al materiale. Nel legno a porosità diffusa i vasi sono dispersi per tutto l’anello di crescita. Esempi di questo tipo sono la betulla, l’acero, il pioppo e il salice. Alcune specie come la noce e il ciliegio hanno caratteristiche intermedie e costituiscono un gruppo a parte.

Se un legno di pino duro viene confrontato con un esemplare più leggero, si può notare come nel legno duro sia presente una maggiore quantità di legno tardivo, ed è di aspetto più scuro. In tutte la specie il legno tardivo è più denso di quello precoce, per cui maggiore è la sua quantità, maggiore è la densità e la resistenza del legno. Osservato al microscopio il legno estivo mostra cellule con una parete molto spessa e una piccola cavità interna, mentre quello precoce ha pareti sottili e ampie cavità. E la resistenza è data dalle pareti, non dalle cavità.

Dovendo scegliere un legno di pino per avere resistenza o rigidezza, l’elemento da considerare è il rapporto tra legno tardivo e legno precoce. Lo spessore degli anelli non è tanto importante quanto l’abbondanza di legno tardivo. Non solo la proporzione è importante ma anche la quantità totale. In esemplari con una abbondante porzione di legno tardivo è evidente anche una maggiore porosità, e per questo può costituire una massa minore rispetto ad una porzione minore ma più densa. La stima visiva della resistenza deve tenere conto anche della densità.

Non c’è una spiegazione univoca del motivo alla base della formazione dei due tipi di legno, molti fattori entrano in gioco.
Nelle conifere, il tasso di crescita da solo non giustifica la proporzione tra le parti dell’anello; in alcuni casi il legno a crescita lenta è più duro e denso, in altri è vero l’opposto.

La qualità del luogo nel quale l’albero è cresciuto incidono sulle proprietà del legno, anche se non è possibile stabilire una regola generale. Si può grossomodo dire che se occorre resistenza e lavorabilità è preferibile utilizzare legno a moderata o lenta crescita, ma nella scelta di uno specifico esemplare non si deve guardare lo spessore degli anelli, ma la proporzione tra legno precoce e tardivo e le caratteristiche di quest’ultimo.

Nel caso del legno duro con porosità ad anello sembra esistere una relazione tra il tasso di crescita e le proprietà del legname, riassumibile nell’affermazione che maggiore è la velocità di crescita o maggiore è lo spessore degli anelli, maggiore è la densità, la durezza e la rigidità. Questo è però valido solo per il legno con porosità ad anello, come l’ontano e altre specie, ed esistono naturalmente delle eccezioni e limitazioni. Il legno con porosità ad anello di crescita sana, le fibre con pareti spesse e robuste sono più abbondanti nella porzione intermedia del tronco.

Con la diminuzione del lume dei vasi, anche la porzione intermedia si riduce in maniera tale che una crescita lenta produce un legno più leggero, composto da pareti sottili e parenchima. Nell’ontano di buona qualità questi vasi occupano dal 6 al 10% del volume del tronco, mentre nel materiale di inferiore qualità si può arrivare al 25% e oltre. Il legno tardivo di ontano di buon livello, ad esclusione di zone grigie dovute a piccoli pori, è di colore scuro, solido ed è costituito per metà o più da fibre con parete spessa. Il legno tardivo di ontano di bassa qualità, l’area di queste fibre è molto minore in quantità e qualità. Questa differenza è in larga misura dovuta ad un diverso tasso di crescita.

Il legno con ampi anelli è anche detto di seconda crescita, poiché a causa dell’abbattimento dei vecchi alberi circostanti, il giovane albero cresce più rapidamente che se fosse rimasto in mezzo alla foresta. Questo tipo di legno è preferito nella costruzione di manufatti dove sia importante la resistenza, per esempio nei manici e nei raggi delle ruote in legno, dove è importante non solo la resistenza ma anche la durezza e la resilienza.

Durame e alburno

Sezione di un ramo di tasso con ben evidenziati il più chiaro alburnoesterno e il più scuro durameall’interno.

L’alburno fresco è sempre di colore chiaro, a volte bianco (da cui il nome italiano, dal latino alburnum, da albus, “bianco”) ma più spesso con una sfumatura di giallo o bruno.Osservando la parte terminale di un tronco tagliato in sezione trasversale si può vedere una zona centrale di colore scuro, il durame, circondata da una fascia più chiara, l’alburno. In certi casi questo contrasto è particolarmente marcato, mentre in altri è così scarso che non è semplice definire esattamente il limite tra le due parti (indifferenziato)

È costituito da legno nuovo cioè formato da un cambio giovane, in cui sono presenti all’interno le cellule vive dell’albero in crescita (parenchimatiche, epiteliali, ecc.). Tutto il legno è inizialmente alburno, con l’età e la crescita della pianta il legno più interno e prossimo alla base si duramifica, cessa la conduzione, scompaiono le sostanze di riserva che vengono traslocate o trasformate, possono comparire sostanze duramificanti atte a preservare il legno dalla decomposizione, avvengono modifiche anatomiche come tille o punteggiature aspirate ma non varia la lignificazionedato che le cellule lignificate erano già andate incontro a morte dopo la trasformazione in cellule di conduzione.

Sulla differenziazione di colore tra durame e alburno può influire anche la natura del terreno sul quale è fatta crescere la pianta (fenomeno molto evidente per l’albero di noce) poiché i componenti chimici del suolo (ad esempio quelli di derivazione organica animale come i liquami stagnanti) accentuano maggiormente la marcatura del durame sull’alburno. La funzione principale dell’alburno è di trasportare l’acqua dalle radici alle foglie e di immagazzinare o restituire, a seconda della stagione, la linfa grezza sintetizzata nelle foglie. Maggiore è la quantità di foglie, maggiore è il tasso di crescita della pianta e maggiore è il volume di alburno necessario. Per questo gli alberi che crescono in spazi aperti e hanno più luce a disposizione, hanno più alburno (relativamente al raggio totale del tronco) rispetto ad un albero della stessa specie che cresca in una densa foresta.

Gli alberi isolati possono raggiungere dimensioni notevoli in alcune specie, più di 30 cm in diametro per il pino, prima che inizi la formazione del durame.

Con la crescita in età e in diametro dell’albero, la porzione più interna dell’alburno cessa di funzionare man mano che le cellule muoiono. Questa zona inerte, morta, è chiamata durame. In alcune specie la formazione del durame inizia presto e per questo hanno un sottile strato di alburno: Castagno, gelso, sassofrasso; In altre il processo inizia tardivamente e l’alburno è più spesso: acero, betulla, faggio, pino.

Non c’è una relazione precisa tra la crescita annuale degli anelli e la quantità di alburno. Nell’ambito di una specie la superficie della sezione dell’alburno è solo molto approssimativamente in proporzione con la dimensione del tronco. Se gli anelli sono fitti, ne è richiesto un numero maggiore che se fossero più allargati. Quando un albero cresce l’alburno aumenta in spessore oppure volume. Lo spessore relativo è maggiore nelle parti più alte del tronco, per il fatto che il diametro totale è minore rispetto alla base e perché le parti alte sono più giovani. Importante ricordare che per gli impieghi industriali del legno e in particolare nel settore mobili/arredamento è preferibile utilizzare (per quanto possibile) il durame (massello). Infatti il durame rispetto all’alburno dello stesso tipo di legno ha caratteristiche tecnologiche qualitativamente migliori: maggiore durezza, maggiore stabilità, maggiore resistenza all’azione di organismi vegetali e animali(muffe, funghi, insetti xilofagi), maggiore livello di finitura delle superfici.

Un albero giovanissimo è coperto di rametti pressoché ovunque, ma nella crescita i più vecchi muoiono e cadono. La crescita successiva copre gli abbozzi che rimangono come nodi. Per quanto liscio possa essere esternamente un tronco, presenterà più o meno nodi al suo interno. Per questo motivo l’alburno di un albero vecchio, e specialmente di foresta, ha meno nodi rispetto al durame. Poiché in molti utilizzi i nodi sono considerati un difetto, ne consegue che l’alburno è migliore da questo punto di vista. È interessante notare che il durame centrale di vecchi alberi può rimanere sano anche per centinaia o in alcuni casi migliaia di anni. Ogni ramo o radice rotta o ferita causata dal fuoco, dagli insetti o caduta del legname può costituire un punto di inizio del processo di degrado che, una volta iniziato può penetrare fino a raggiungere ogni parte del tronco. Le larve di diversi insetti scavano l’interno degli alberi e i canali lasciati permangono e sono ulteriore fonte di malattie. L’alburno è più protetto da questi problemi per il solo fatto di essere più giovane e più esterno.

Se un albero cresce per tutta la sua vita in posizione isolata e in condizioni costanti di suolo e ambiente, la massima velocità di crescita si ha in giovane età, dopodiché decresce progressivamente. Gli anelli di crescita sono per molti anni ampi, poi si infittiscono sempre più. Poiché ogni anello è stratificato sul precedente, a meno che l’albero aumenti la produzione di materiale, ne consegue che ogni anello più esterno deve essere più sottile. Quando un albero raggiunge la maturità la produzione annuale di legno diminuisce, riducendo ulteriormente lo spessore degli anelli esterni.

Nel caso di alberi di foresta molto dipende dalla competizione tra gli esemplari per la luce e il nutrimento, e si possono avere periodi alternati di crescita lenta e veloce. Alcuni alberi come gli ontani possono mantenere uno spessore degli anelli uniforme per centinaia di anni, anche se al crescere del diametro si ha comunque una certa riduzione dello spessore.

Si ha una marcata differenza nella venatura tra durame e alburno ricavati da grandi alberi, in particolare se nella maturità. In alcuni alberi il legno deposto in tarda età è più tenero, leggero, meno resistente e con un disegno più evidente di quello prodotto inizialmente, mentre in altre specie si ha l’opposto. In un grosso tronco l’alburno, in conseguenza delle condizioni ambientali presenti nel periodo in cui si è sviluppato, può avere caratteristiche inferiori per durezza, resistenza e rigidità rispetto al durame sano dello stesso albero.

I nodi

Un nodo in un legno di abete rosso.

nodi sono un prolungamento di un ramo, all’interno del fusto o di un ramo più grande. I rami si sviluppano partendo dal midollo, la parte centrale del fusto, e aumentano la loro dimensione aggiungendo ogni anno un anello di legno, che è la continuazione del corrispondente anello del fusto. La porzione inclusa ha una forma conica-irregolare, con la punta in corrispondenza del midollo e le fibre poste ad angolo retto oppure oblique rispetto a quelle del fusto e con queste intrecciate.

Durante lo sviluppo dell’albero, la maggior parte degli strati (specialmente quelli più interni) muoiono, ma rimangono integri per anni. Gli strati successivi non sono intimamente legati con gli strati morti, ma vi crescono sopra, avvolgendoli; ne consegue che quando un ramo si secca lascia nodi che sono come un tappo in un buco, e facilmente si staccano quando il legno viene segato. Si riconoscono tre tipologie di nodi:

  • nodi sani, perfettamente aderenti;
  • nodi cadenti;
  • nodi morti, nel caso la parte di ramo rimasta nel fusto abbia subito un attacco da parte di funghi.

Nella classificazione del legname i nodi sono stimati in base alla forma, la dimensione, il colore, l’integrità e la fermezza con cui rimangono in sede.

La presenza dei nodi influisce sulla resistenza alla bluttura, sulla deformabilità, sulla facilità di lavorazione e la tendenza alla formazione di fessure. Sono difetti che in genere riducono la qualità del legname e ne abbassano il valore ove sia impiegato come materiale strutturale e sia importante la resistenza. L’indebolimento del legno è ancora più indesiderato dove siano presenti importanti sforzi meccanici di trazione o compressione. L’influenza dei nodi sulla resistenza di una struttura come una trave dipende dalla loro posizione, dimensione, numero, direzione delle fibre e consistenza. Un nodo presente nella parte superiore viene compresso mentre nella parte inferiore è soggetto a tensione.

La presenza di piccoli nodi lungo la linea di tensione nulla della trave può anche incrementare la resistenza, prevenendo la fessurazione longitudinale. I nodi posti al centro, ad un quarto dell’altezza della trave non sono un problema serio, così come quelli presenti alle estremità. I nodi integri non invalidano il legno quando sottoposti a sforzi compressivi paralleli al senso delle fibre.

Sulle tavole e pannelli i nodi non sono dannosi se decorrono nel senso della lunghezza con un certo angolo rispetto alla superficie maggiore. I nodi non influiscono sulla rigidità del legname strutturale. Solamente i difetti più importanti possono incidere sul limite di elasticità di una trave. Rigidità ed elasticità dipendono maggiormente dalla qualità delle fibre del legno piuttosto che dai difetti. L’effetto dei nodi è quello di ridurre la differenza tra la tensione delle fibre al limite elastico e il modulo di Young di rottura della trave. La forza di rottura è invece molto influenzata dai difetti. A definire la pericolosità di un nodo contribuisce fortemente il rapporto tra la dimensione del nodo, indicata come diametro, e la dimensione della faccia su cui insiste, oltre che la sezione anatomica in esso presente.

Per particolari applicazioni, per esempio pannelli a vista, la presenza dei nodi è positiva poiché dona al legno un aspetto estetico più variegato e interessante.

Per i tronchi, per esempio quelli di noce da legno, la presenza di nodi può rappresentare un non trascurabile motivo di deprezzamento qualora si debba procedere alla laminazione per utilizzarne i fogli per impiallacciatura, in quanto la porzione corrispondente all’inserimento del nodo tende, nella lavorazione, a staccarsi.

 

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